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Con la recentissima sentenza n. 9451 del 10/5/2016, le Sezioni Unite della Suprema Corte allargano le maglie per sfuggire all’applicazione dell’Irap, ritenendo insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione quando il professionista ha un dipendente che effettua solo mansioni esecutive.

 

Il caso di specie riguardava un avvocato che ha richiesto il rimborso dell’Irap versata negli anni dal 2000 al 2004 sostenendo di aver esercitato l’attività con “beni strumentali minimi” e con l’ausilio di un solo lavoratore dipendente con mansioni di segretario.

La Commissione Tributaria Regionale della Campania, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, aveva riconosciuto al professionista il rimborso dell’Irap richiesto.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione ritenendo configurabile il requisito dell’autonoma organizzazione – presupposto per l’applicazione dell’imposta – anche nel caso in cui il professionista abbia un solo dipendente, poiché ciò costituirebbe un’organizzazione autonoma della quale il contribuente sarebbe responsabile.

La Sezione Tributaria della Suprema Corte ha ritenuto sussistente un contrasto, all’interno dei Giudici di legittimità, tra l’orientamento più radicato, secondo il quale l’autonoma organizzazione si avrebbe anche in presenza di un solo dipendente e anche nell’ipotesi in cui egli svolga mansioni generiche, e un orientamento più recente, secondo il quale l’autonoma organizzazione si avrebbe quando il lavoro svolto dal dipendente inciderebbe sull’attività produttiva del professionista, potenziandola.

 

Dopo un approfondito excursus sui contrapposti orientamenti giurisprudenziali, le Sezioni Unite hanno affermato che l’impianto ricostruttivo dell’orientamento più radicato sia da confermarsi, con l’aggiunta, però, di alcune precisazioni applicative concernenti il fattore “lavoro”.

Questo il ragionamento effettuato: “Se fra “gli elementi suscettibili di combinarsi col lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità necessarie”, accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi “personali” di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica (professionalità espressa nella) “attività diretta allo scambio di beni o di servizi”, di cui fa discorso l’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l’arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure “di confine” individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte. E’ infatti in tali casi che può parlarsi, per usare l’espressione del giudice delle leggi, di “valore aggiunto” o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di “quel qualcosa in più”.”

 

Concludono quindi le Sezioni Unite: “Diversa incidenza assume perciò l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.

Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minima si arresta all’impiego di un collaboratore”.

 

E’ stato quindi affermato il principio di diritto secondo il quale il presupposto impositivo dell’Irap è configurabile quando il contribuente si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui “che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

 

Questa pronuncia riguarda un gran numero di contribuenti e avrà un’importante incidenza sul contenzioso in essere, posto che l’Agenzia delle Entrate aderisce all’orientamento maggiormente restrittivo illustrato in sede di ricorso alla Suprema Corte.

 

Lo Studio Legale Caput ha già diversi contenziosi in materia, anche presso la Corte di Cassazione, ed è disponibile per fornire consulenza e assistenza ai professionisti che vogliono richiedere il rimborso dell’imposta già versata.

 

Contestualmente, lo Studio legale Caput è a disposizione anche dei commercialisti che, seguito il contenzioso fino alla Commissione Tributaria Regionale, necessitino di un cassazionista al quale affidare la difesa davanti alla Suprema Corte.

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