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Diritto antidiscriminatorio

Nel nostro ordinamento, le fonti principali della normativa che tutela la parità di genere sono l’art. 3 e l’art. 37 della Costituzione, basi sulle quali nasce il D. Lgs. n. 198/2006, noto ai più come Codice delle Pari Opportunità.

Il Codice delle Pari Opportunità è diviso in quattro libri, di cui il Libro III contiene le nozioni di discriminazione e configura quattro tipi di tutela nel rapporto di lavoro:

  • l’azione ordinaria individuale;
  • l’azione speciale individuale;
  • l’azione ordinaria e speciale a carattere collettivo.

L’azione ordinaria individuale è contenuta nell’art. 36 del Codice delle Pari Opportunità ed ha ad oggetto la tutela di qualunque discriminazione individuale.

La sua caratteristica è che è prevista la possibilità di effettuare un tentativo di conciliazione facoltativo, che dovrebbe precedere l’azione incardinata col rito ordinario lavoro.

La legittimazione processuale, nell’azione ordinaria individuale è in capo alla persona discriminata, al/la Consigliera/e di parità, su delega della persona discriminata o in proprio, in quest’ultimo caso intervenendo nel giudizio incardinato dalla persona discriminata.

L’azione speciale individuale è disciplinata dall’art. 38 del Codice delle Pari Opportunità.

Oggetto di tale azione è sempre la tutela di qualunque discriminazione individuale.

La differenza con l’azione contenuta nell’art. 36 è che quella dell’art. 38 si divide in due fasi: una prima fase di cognizione sommaria in contradditorio e una seconda fase di opposizione a cognizione piena con rito ordinario lavoro.

Legittimati attivi, in questo caso, sono non solo la persona discriminata e/o il/la Consigliera/e di parità, ma anche le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del diritto e dell’interesse leso, che possono agire su delega della persona discriminata.

L’azione si incardina presso il Tribunale del lavoro del luogo ove è avvenuta la discriminazione, il cui Giudice, entro due giorni dall’incardinamento del giudizio, convoca le parti e assume sommarie informazioni.

Se, all’esito, ritiene sussistente la discriminazione, il Giudice, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, ordina la cessazione della condotta e la rimozione degli effetti e, se richiesto, condanna al il datore di lavoro al risarcimento del danno anche non patrimoniale.

Il decreto immediatamente esecutivo rimane efficace fino alla sentenza dell’opposizione, che può essere proposta entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto, con rito ordinario lavoro.

La sentenza dell’opposizione è immediatamente esecutiva e l’inottemperanza comporta un’ammenda fino a € 50.000,00 o l’arresto fino a 6 mesi.

L’azione collettiva prevista dall’art. 37 del Codice delle Pari Opportunità ha come oggetto la tutela delle discriminazioni collettive ed è legittimato/a ad agire il/laConsigliera/e di Parità.

Anche l’azione collettiva può essere ordinaria o speciale.

L’azione collettiva ordinaria (art. 37, commi 1, 2 e 3) prevede una prima fase conciliatoria, nella quale il/la Consigliere/a di Parità, sentite le organizzazioni sindacali, chiede all’azienda la rimozione, entro centoventi giorni, delle discriminazioni accertate.

Se il piano di rimozione aziendale si configura idoneo, le parti hanno facoltà di promuovere il tentativo di conciliazione, il verbale all’esito del quale diventa esecutivo con decreto del Giudice del lavoro.

Se il tentativo di conciliazione fallisce o non è promosso, il/la Consigliera/e di Parità fa ricorso al Giudice del lavoro o al TAR.

Anche in questo caso, la sentenza può contenere la condanna al risarcimento del danno anche non patrimoniale e un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, da redigere con l’intervento delle organizzazioni sindacali.

L’azione collettiva speciale (art. 37, comma 4) consiste nella presentazione di un ricorso d’urgenza al Giudice del lavoro o al TAR, che convoca le parti e, assunte le sommarie informazioni, si pronuncia con decreto motivato e provvisoriamente esecutivo, che conterrà la condanna al risarcimento danno anche non patrimoniale, l’ordine di cessare la discriminazione e rimuovere le discriminazioni accertate con un eventuale piano.

L’inottemperanza ai provvedimenti resi all’esito dell’azione collettiva porta all’applicazione di un’ammenda fino a € 50.000,00 o all’arresto fino a 6 mesi, nonchè l’obbligo di versare al Fondo per l’attività delle Consigliere/i di parità € 51,00 per ogni giorno di ritardo.

La caratteristica principe di tutti questi procedimenti è contenuta nell’art. 40 del Codice delle Pari Opportunità e consiste in uno spostamento dell’onere della prova dal ricorrente/discriminato al resistente/discriminante.

Detta norma stabilisce, infatti, che, quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati statistici (relativi ad assunzioni, retribuzione, mansioni, qualifiche, trasferimenti e progressioni di carriera e licenziamenti) che siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti o patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione.

Questa sorta di inversione dell’onere della prova (che, si badi bene, tale non è) agevola in maniera sostanziale la posizione della persona discriminata, che si trova spesso in difficoltà nel reperimento, all’interno della realtà aziendale e in una posizione non certo paritaria rispetto al proprio datore, delle prove necessarie per la compiuta dimostrazione dell’esistenza di una condotta discriminatoria.

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