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Un’insegnante in servizio presso l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, scuola paritaria di ispirazione cattolica, si è vista negare – diversamente da quanto accaduto nei precedenti cinque anni – il rinnovo del proprio contratto di docenza per il successivo anno scolastico a causa del suo rifiuto a rispondere alle domande inerenti la propria vita privata ricevute da parte della direttrice dell’Istituto, che le aveva chiesto di negare una convivenza affettiva con un’altra donna.

L’Associazione Radicale Certi Diritti e la CGIL del Trentino hanno convenuto in giudizio il datore di lavoro per sentire accertata l’esistenza di comportamenti discriminatori di natura individuale e collettiva.

Pubblichiamo la sentenza con la quale il Tribunale di Rovereto ha riconosciuto l’esistenza di una discriminazione diretta nei confronti della lavoratrice e di una discriminazione collettiva.

Nello specifico, la pronuncia che conclude il primo grado di giudizio determina i confini dell’eccezione alla fattispecie di discriminazione diretta contenuta nel comma 5 dell’art. 3 del D. Lgs. n. 216/2003, precisando che il contenuto della disposizione normativa che prevede la deroga, in favore degli istituti religiosi e delle organizzazioni di tendenza, alle ipotesi di discriminazione diretta non può riguardare a comportamenti discriminatori connessi all’esistenza di fattori di rischio diversi dalla religione e dalle convinzioni personali.

Di particolare interesse, sulla vicenda, è il commento alla sentenza che l’avv. Francesco Rizzi, MPhil Candidate alla School of Law del King’s College, ha scritto per l’ultimo numero di GenIUS, la rivista di articolo29.it.

Nelle proprie riflessioni l’autore prende le mosse, per poi illustrare i propri approfondimenti, da alcuni aspetti  particolarmente interessanti del ragionamento svolto dal Giudice e, in particolare,

  • dalla teoria della discriminazione per associazione, secondo la quale la disciplina antidiscriminatoria contenuta nella Direttiva 2000/78/CE (e, di conseguenza, nel D. Lgs. n. 216/2003) non si applica solo ai soggetti portatori del fattore di rischio ma anche a coloro che ad essi sono associati/associabili seppur non possidenti il fattore di rischio,
  • dai limiti che le organizzazioni di tendenza hanno rispetto ai diritti dei lavoratori e la necessità di contemperare con questi ultimi l’ideologia della organizzazione.

L’autore fornisce numerosi spunti di evoluzione del pensiero critico e giuridico anche in virtù dell’inquadramento della decisione nel contesto della giurisprudenza Cedu.

La pronuncia del Tribunale di Rovereto è stata sostanzialmente confermata in grado di appello dalla Corte di Trento, la cui sentenza sarà oggetto di una successiva segnalazione in virtù – anche – dei contenuti di approfondimento dei profili processuali dell’onere della prova nel giudizio antidiscriminatorio.

Tribunale di Rovereto ord. 26.6.16

Francesco Rizzi Soffia il vento del cambiamento: sapremo costruire i mulini?

 

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